Il ragionamento che Carron propone come antidoto agli egoismi che la crisi e i suoi postumi rischiano di suscitare è tuttaltro che scontato. A dire il vero, a prima vista, esso appare sconcertante. Infatti, che cosa centrano la fede o laffetto per trattare questioni urgenti come un dissesto finanziario o laumento della disoccupazione? Scandalizzarsi per questi argomenti è un buon indicatore di dipendenza dal pensiero immanentista e neomaterialista che prevale nel nostro tempo. In tale prospettiva, la crisi è solo una questione tecnica che va risolta solo con interventi tecnici. Non che questa dimensione non sia importante. Tuttaltro.
Ma il punto è lidea implicita che ogni altra considerazione non solo sia inutile, ma – facendo perdere tempo e distraendo dai veri problemi – anche dannosa. Quasi non esistesse altro orizzonte, per la vita delluomo contemporaneo, che quello dellesistenza materiale e contingente. Se così stanno le cose, infatti, non cè ragione per sostenere alcuno sforzo al di là di una ragionevole concessione a ciò che è strettamente necessario per evitare il peggio. La vita sulla terra è solo uno scontro di potere e il baricentro della questione non può che essere il proprio tornaconto, al più civilizzato – come afferma Carron allinizio del suo intervento – da buone regole. Magari – e sarebbe già un enorme passo in avanti – arrivando a variare larco di tempo da considerare, superando lurgenza del breve termine a vantaggio del medio-lungo termine.