Che cosa hanno in comune due preti così diversi e così poco clericali – e forse proprio per questo così influenti nella storia italiana – come don Sturzo e don Giussani? Lo stimolo a riflettere su un accostamento così inusuale mi viene dallarticolo del card. Scola apparso qualche settimana fa su Ilsussidiario.net.
Citando il primo Giussani, Scola richiama la necessità, per un qualunque esperienza umana, di essere in grado di assurgere a dignità culturale. Scriveva infatti il prete milanese che fin dallinizio mi apparve chiaro che una tradizione, o in genere unesperienza umana, non possono sfidare la storia, non possono sussistere nel fluire del tempo, se non nella misura in cui giungono a esprimersi e a comunicarsi secondo modi che abbiano una dignità culturale.
Ma questa dignità culturale – continua la riflessione del cardinale su Giussani – è impossibile se non a partire dallesperienza di un soggetto, personale e comunitario, ben identificato nei suoi tratti ideali ma inserito nella storia, che si proponga, con semplicità e senza complessi, alluomo in forza delle sue ragioni intrinseche. Un simile soggetto non teme un confronto a tutto campo.
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