Bresciaoggi 13 ottobre 2010
Egregio direttore, ho letto su Bresciaoggi di domenica 10 ottobre in un articolo a firma di Massimo Tedeschi le esternazioni critiche di due parroci bresciani su Lega e berlusconismo. Opinioni che rispetto, ma con le quali mi sento in profondo disaccordo e non innanzitutto per questioni di tipo politico, come sono quelle sollevate da don Neva e da monsignor Filippini.
Sono profondamente persuaso che la coerenza morale non è possibile all’uomo, ma è sempre frutto di una grazia da chiedere con forza e umiltà ogni giorno. Tutt’altro che una deresponsabilizzazione, dunque, ma qualcosa da domandare con tutte le proprie energie. E proprio perché non è opera nostra, bisognerebbe una buona volta evitare di ergersi a giudici della moralità altrui. Sappiamo bene come il Vangelo tratta il fariseismo. Il grande presidente Cossiga, che si definiva un «infante» rispetto a tanti illustri e coerenti «cattolici adulti», chiuse un suo intervento al Meeting di Rimini augurandoci di essere «liberi tanto dal potere quanto dalla demagogia contro il potere». Parole di sano e lungimirante realismo.
COERENZA A PARTE, credo che il problema su cui riflettere sia assai più profondo. Dov’è finita l’esperienza del popolo cristiano? Charles Peguy sottolineava come Gesù nei suoi tre anni di missione non perse tempo a lamentarsi del malore e della disgrazia dei tempi o a incriminare il mondo. Tagliò corto e fece il cristianesimo.
Oggi forse varrebbe la pena interrogarsi se la nostra speranza sia ancora riposta sulla novità di tale avvenimento oppure su altro. Il dato dei seminari vuoti e di una presenza sociale dei cattolici sempre più insignificante dovrebbe sollevare più di qualche domanda. Una questione, insomma, un po’ più seria del presunto spirito anti-evangelico della Lega.
Eliot emblematicamente si chiedeva se «è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa, o è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità?».
GIUSTAMENTE monsignor Filippini dice che il cristianesimo non si può ridurre a nessun progetto politico, ma, scendendo dalle dichiarazioni di principio alle conseguenze, tutto il problema sembra poi ruotare attorno a una lettura ideologica della realtà che vede nel berlusconismo l’incarnazione di tutti i mali. A me sembra piuttosto che la posizione più adeguata sia quella che ci viene indicata da Benedetto XVI quando ha ricordato che in politica «il contributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione». È infatti dalla testimonianza di una diversità umana che può venire una novità reale. Per questo se c’è un invito da raccogliere è quello che lo stesso Papa ci ha ripetutamente fatto alla conversione personale, in particolare il 16 maggio scorso davanti ai tanti che erano venuti a Roma per manifestargli vicinanza dopo lo scandalo della pedofilia. È l’unica questione davvero attuale.
COERENZA A PARTE, credo che il problema su cui riflettere sia assai più profondo. Dov’è finita l’esperienza del popolo cristiano? Charles Peguy sottolineava come Gesù nei suoi tre anni di missione non perse tempo a lamentarsi del malore e della disgrazia dei tempi o a incriminare il mondo. Tagliò corto e fece il cristianesimo.
Oggi forse varrebbe la pena interrogarsi se la nostra speranza sia ancora riposta sulla novità di tale avvenimento oppure su altro. Il dato dei seminari vuoti e di una presenza sociale dei cattolici sempre più insignificante dovrebbe sollevare più di qualche domanda. Una questione, insomma, un po’ più seria del presunto spirito anti-evangelico della Lega.
Eliot emblematicamente si chiedeva se «è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa, o è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità?».
GIUSTAMENTE monsignor Filippini dice che il cristianesimo non si può ridurre a nessun progetto politico, ma, scendendo dalle dichiarazioni di principio alle conseguenze, tutto il problema sembra poi ruotare attorno a una lettura ideologica della realtà che vede nel berlusconismo l’incarnazione di tutti i mali. A me sembra piuttosto che la posizione più adeguata sia quella che ci viene indicata da Benedetto XVI quando ha ricordato che in politica «il contributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione». È infatti dalla testimonianza di una diversità umana che può venire una novità reale. Per questo se c’è un invito da raccogliere è quello che lo stesso Papa ci ha ripetutamente fatto alla conversione personale, in particolare il 16 maggio scorso davanti ai tanti che erano venuti a Roma per manifestargli vicinanza dopo lo scandalo della pedofilia. È l’unica questione davvero attuale.
Graziano Tarantini
PRESIDENTE FONDAZIONE
SAN BENEDETTO
PRESIDENTE FONDAZIONE
SAN BENEDETTO
L’articolo di Massimo Tedeschi del 10 Ottobre 2010
è scaricabile al seguente link