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Il sussidiario.net
 

giovedì 21 ottobre 2010


 


L’Egitto sta vivendo recentemente uno stato di forte tensione generalizzata: quasi non passa settimana senza una manifestazione davanti a qualche moschea o a qualche chiesa. Gli egiziani musulmani pensano che la Chiesa copta sia diventata uno Stato dentro lo Stato, perché non accetta di sottomettersi alla legge, quando la ritiene in contraddizione con le proprie convinzioni.

Gli egiziani musulmani credono che ciò faccia parte di un sodalizio con l’attuale sistema di governo, al quale la Chiesa dà il suo sostegno incondizionato, arrivando persino ad appoggiare i progetti politici volti a consentire al figlio del Presidente Mubarak di ereditare il governo.

Dal canto loro, gli egiziani cristiani sentono di essere privati dei propri diritti politici e, nonostante le famiglie egiziane più ricche siano copte, e benché tra loro vi sia un’alta percentuale di persone istruite e i cristiani svolgano professioni di alto livello, essi non possono, tuttavia, aspirare alle alte cariche dello stato, come la Presidenza della Repubblica o la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Inoltre, i cristiani non possono né costruire né restaurare una chiesa senza intraprendere battaglie prolungate con una burocrazia che li tratta con ostilità.

Tale situazione ha fatto sì che la relazione sentimentale tra un giovane musulmano e una ragazza cristiana fosse sufficiente a far scendere in strada migliaia di persone comuni, per manifestare contro la mancanza di fermezza da parte dello Stato e della Chiesa nel far fronte al proselitismo (islamico e cristiano). La questione, tuttavia, non si limita più alle persone comuni, bensì coinvolge oggi persino le leadership religiose.