TEDESCHI bresciaoggi 24 ottobre 2010
La «base» del partito ha risposto numerosa alla chiamata. Ma non ha avuto la parola. Per sentire la sua voce bisognerà attendere il secondo round promesso per metà gennaio.
Intanto la prima assemblea degli amministratori del Pdl, ieri a Roncadelle con centinaia di sindaci e assessori, s’è tradotta in un monologo a più voci dei leader locali del partito.
Voci con accenti diversi: quelle provenienti dall’ex An hanno calcato i toni polemici con la Lega e con i finiani. Quelle dall’ex Forza Italia hanno insistito sul tema della moderazione. Due registri non facili da accordare nella pratica quotidiana. Lo si è visto anche ieri, quando tempi e accenti del dibattito hanno dilatato il ruolo degli ex An ben oltre il 30% dell’ormai classica spartizione.
MARIASTELLA Gelmini, ministro dell’Istruzione, ha badato anzitutto a difendere il partito e la scelta di privilegiare, nei regolamenti congressuali, il ruolo degli eletti rispetto ai tesserati. C’è un problema di identità del partito, e la Gelmini non lo aggira: «Non possiamo – dice – essere un partito di ex. Noi siamo il partito dei moderati, di impronta nazionale, che si richiama al Ppe, luogo di incontro dei riformisti». Nè sudditanza nè rancori verso la Lega: «Con gli alleati c’è una concorrenza virtuosa. Loro troppe volte si preoccupano prima di tutto di far aumentare il consenso della Lega, noi siamo più responsabili verso la coalizione».
IL VERO TIMORE è che «la presenza della Lega crei percorsi analoghi in altre regioni». A giorni Miccichè lancerà il suo «Forza per il Sud»: «Spero – dice la Gelmini – non nasca un nuovo partito. Se ci chiudiamo in troppi partiti localistici temo che l’unità d’Italia sia a rischio».
Circoscritta la polemica con i finiani: «La nascita di Fli è una sconfitta, noi siamo per il bipolarismo e per la semplificazione». Il banco di prova della lealtà, però sarà la riforma della giustizia. Terreno su cui la Gelmini accusa i media: «Chi scrive che Napolitano ha lanciato un siluro al lodo Alfano gli fa assumere un ruolo di parte contro Berlusconi. Invece il presidente è imparziale». E se il premier annuncia che rinuncerà al lodo, la Gelmini anticipa che il Pdl «continuerà a difendere l’autonomia della politica dalla magistratura». Tema su cui, peraltro, «la lealtà di Bossi è assoluta».
Alle fibrillazioni di molti il coordinatore regionale Guido Podestà oppone una calma olimpica: «Non spaventiamoci, siamo razionali. Non c’è un perno politico attorno a cui costruire una maggioranza diversa. L’alternativa a noi non c’è. Dobbiamo solo smetterla di sbranarci fra di noi in 100 correnti, facendo un favore ai nostri alleati della Lega».
DALLE FILA degli ex azzurri giungono accenti moderati: il sindaco Adriano Paroli insiste sul «dialogo», anche con le opposizioni. Franco Nicoli Cristiani invoca più unità: «Basta beghe fra di noi». Margherita Peroni batte e ribatte sul tasto della «responsabilità» ma chiede anche regole chiare nella vita del partito. Alberto Cavalli invoca la riforma dell’Università, mentre Mauro Parolini addita la Lombardia di Formigoni come modello.
LA COORDINATRICE provinciale Viviana Beccalossi alle regole congressuali antepone «la costruzione della comunità-partito», poi ricorda che uomini e donne del Pdl che governano a tutti i livelli «non hanno più alibi» e devono risolvere i problemi. mettendo in cima all’agenda «l’ambiente, l’occupazione e le imprese, la cultura e il turismo». La Beccalossi chiede anche di «non lasciare la questione morale a Fli: se ci sono mele marce dobbiamo creare noi gli anticorpi».
Il sottosegretario Stefano Saglia motiva il divorzio da Fini: «Non ho mai pensato per un attimo di seguire chi si presta a un’operazione di smantellamento del bipolarismo e a un possibile scippo della volontà espressa dai cittadini con il voto». Poi la rivendicazione delle scelte del governo, a partire da quella di assicurare, anche nel 2011, la Cig in deroga.
Il vice coordinatore regionale Massimo Corsaro, infine, avverte i finiani: «Chi esce, non torna più». Corsaro vede una sinistra allo sbando dagli Usa alla Spagna («Zapatero non lo votano più neanche i finocchi a cui ha concesso di sposarsi») e sulle regole trancia: «Il Pdl non è un partito scalabile a colpi di pacchetti di tessere».
Intanto la prima assemblea degli amministratori del Pdl, ieri a Roncadelle con centinaia di sindaci e assessori, s’è tradotta in un monologo a più voci dei leader locali del partito.
Voci con accenti diversi: quelle provenienti dall’ex An hanno calcato i toni polemici con la Lega e con i finiani. Quelle dall’ex Forza Italia hanno insistito sul tema della moderazione. Due registri non facili da accordare nella pratica quotidiana. Lo si è visto anche ieri, quando tempi e accenti del dibattito hanno dilatato il ruolo degli ex An ben oltre il 30% dell’ormai classica spartizione.
MARIASTELLA Gelmini, ministro dell’Istruzione, ha badato anzitutto a difendere il partito e la scelta di privilegiare, nei regolamenti congressuali, il ruolo degli eletti rispetto ai tesserati. C’è un problema di identità del partito, e la Gelmini non lo aggira: «Non possiamo – dice – essere un partito di ex. Noi siamo il partito dei moderati, di impronta nazionale, che si richiama al Ppe, luogo di incontro dei riformisti». Nè sudditanza nè rancori verso la Lega: «Con gli alleati c’è una concorrenza virtuosa. Loro troppe volte si preoccupano prima di tutto di far aumentare il consenso della Lega, noi siamo più responsabili verso la coalizione».
IL VERO TIMORE è che «la presenza della Lega crei percorsi analoghi in altre regioni». A giorni Miccichè lancerà il suo «Forza per il Sud»: «Spero – dice la Gelmini – non nasca un nuovo partito. Se ci chiudiamo in troppi partiti localistici temo che l’unità d’Italia sia a rischio».
Circoscritta la polemica con i finiani: «La nascita di Fli è una sconfitta, noi siamo per il bipolarismo e per la semplificazione». Il banco di prova della lealtà, però sarà la riforma della giustizia. Terreno su cui la Gelmini accusa i media: «Chi scrive che Napolitano ha lanciato un siluro al lodo Alfano gli fa assumere un ruolo di parte contro Berlusconi. Invece il presidente è imparziale». E se il premier annuncia che rinuncerà al lodo, la Gelmini anticipa che il Pdl «continuerà a difendere l’autonomia della politica dalla magistratura». Tema su cui, peraltro, «la lealtà di Bossi è assoluta».
Alle fibrillazioni di molti il coordinatore regionale Guido Podestà oppone una calma olimpica: «Non spaventiamoci, siamo razionali. Non c’è un perno politico attorno a cui costruire una maggioranza diversa. L’alternativa a noi non c’è. Dobbiamo solo smetterla di sbranarci fra di noi in 100 correnti, facendo un favore ai nostri alleati della Lega».
DALLE FILA degli ex azzurri giungono accenti moderati: il sindaco Adriano Paroli insiste sul «dialogo», anche con le opposizioni. Franco Nicoli Cristiani invoca più unità: «Basta beghe fra di noi». Margherita Peroni batte e ribatte sul tasto della «responsabilità» ma chiede anche regole chiare nella vita del partito. Alberto Cavalli invoca la riforma dell’Università, mentre Mauro Parolini addita la Lombardia di Formigoni come modello.
LA COORDINATRICE provinciale Viviana Beccalossi alle regole congressuali antepone «la costruzione della comunità-partito», poi ricorda che uomini e donne del Pdl che governano a tutti i livelli «non hanno più alibi» e devono risolvere i problemi. mettendo in cima all’agenda «l’ambiente, l’occupazione e le imprese, la cultura e il turismo». La Beccalossi chiede anche di «non lasciare la questione morale a Fli: se ci sono mele marce dobbiamo creare noi gli anticorpi».
Il sottosegretario Stefano Saglia motiva il divorzio da Fini: «Non ho mai pensato per un attimo di seguire chi si presta a un’operazione di smantellamento del bipolarismo e a un possibile scippo della volontà espressa dai cittadini con il voto». Poi la rivendicazione delle scelte del governo, a partire da quella di assicurare, anche nel 2011, la Cig in deroga.
Il vice coordinatore regionale Massimo Corsaro, infine, avverte i finiani: «Chi esce, non torna più». Corsaro vede una sinistra allo sbando dagli Usa alla Spagna («Zapatero non lo votano più neanche i finocchi a cui ha concesso di sposarsi») e sulle regole trancia: «Il Pdl non è un partito scalabile a colpi di pacchetti di tessere».