La strage di cristiani avvenuta domenica scorsa nel centro di Baghdad dimostra come i tormenti dei cristiani iracheni siano il paradigma di una situazione che forse non è mai stata tanto instabile nel Paese tra i due fiumi.
E una persecuzione senza fine, che dal 2003 ad oggi ha provocato centinaia di morti. Molti di essi hanno lasciato ilPaese, alimentando l`imponente esodo iniziato dopo l`inizio della guerra; altri, in una situazione in cui atuttiviene chiesto di schierarsidaunaparteo dall`altra, hanno preferito convertirsi all`Islam. Trattatialla stregua di un capro espiatorio, da sfruttare o da eliminare, non possono professare la loro fede liberamente, alle donne viene imposto il velo e le croci vengono tolte dalle chiese.
Eppure, numericamente, i cristianinon sono una presenza così ingombrante.
Suuna popolazione di22 milioni di abitanti, infatti, essi sono solo il3%, ma costituiscono il35%di quella fascia di istruiti in grado difar tornare il Paese a competere sul piano internazionale e per questo probabilmente sono considerati un problema.
Questo perché non è affatto indifferente il contributo che essi portano in termini di opere educative e assistenziali.
Le suore avevano scuole dappertutto prima che fossero nazionalizzate daSaddamHussein, contribuendo così alla formazione di tanti musulmani. Anche ipadri gesuiti avevano un collegio aBaghdad eunauniversità.
Le persone più conosciute hanno studiato presso di loro, come, ad esempio, il primo ministro Ayad Allawi. Ora la situazione è tornata a quella pre-Saddam; è possibile per i cristiani aprire scuole proprie, ma il piùdellevoltemancal`essenziale, come la sicurezza. Anche le opere di carità e assistenza, soprattutto ospedali e dispensari, sono stati spesso luoghi dove si è consolidata la convivenza fra cristiani e musulmani.
Si capisce allora che colpire icristiani significa sbarrare la strada all a p ossibilità di rinascita di tutta la società irachenae, forse, significa anche sbarrare la strada alla possibilità di influi- re positivamente su tutta la regione mediorientale.I numerosi rapimenti di cristiani, l`assalto alle loro attività commerciali e molte altre discriminazioni nei loro confronti sono il riproporsi di quell`anticamentalità islamista per cui i seguaci delle religioni del Libro (leggi cristiani ed ebrei) sono da considerarsi cittadini di seconda categoria. Senza alcuna tutela, in un clima in cui il contrasto tra sunniti, kurdi e sciiti per il controllo del Paese non lascia spazio ad altre identità, i cristiani sono divenuti oggetto di crescente violenza. In questo contesto si inseriscono gli interessi di Al Qaeda, che, comenell`ultimo, terribile episodio, non ha avuto alcuna remora ad utilizzare i cristiani per chiedere la liberazione di alcuni terroristi in Irak e in Egitto. La persecuzione dei cristiani è dovuta a terroristi e fanatici, ma anche all`indifferenza della leadership politica che non garantisce le minoranze.
L`aumento della disoccupazione tra i cristiani, le confische arbitrarie delle proprietà di famiglie a Baghdad e Mosul, le violazioni della libertàreligiosae di pensiero, rapimenti, attentati e minacce di stampo confessionale sono sintomatiche dell`indifferenza della leadership irachena, che non riconosce l`appartenenza dei cristiani a questa patria e la loro partecipazione umana e intellettuale al progresso del Paese come iracheni, insieme alle altre comunità religiose che vi abitano.
Come spiegare un tale accanimento?L`inimiciziadeipoteri, delle dittature, delle visioni totalitarie nei confronti del cristianesimo hain fondo la medesimaradice:le comunitàcristiane documentano il dramma della libertà dell`uomo di fronte al potere.
«Dio nasce, il potere trema…» scriveva Józef Tischner. Come relatore in Parlamento europeo delprimo auspicabile accordo tra Ue ed Irak farò di tutto perché la tutela dei cristiani diventielemento cardineperlanormalizzazione dei rapporti tra Irak e Ue.
*Presidente degli eurodeputati Pdl