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Repubblica 11 novembre 2010
 
Gentile Scalfari, avrei molto da dire sul suo articolo dal titolo «L’ ultima partita a scacchi del Cavaliere», esempio concreto della "Berlusconi-fobia" da cui lei è palesemente affetto. Ma quello che però più mi preme ora è rispondere all’ ultima parte. Quella in cui lei si preoccupa della moralità e, in estrema sintesi, mi etichetta come «immorale» nella difesa del presidente Berlusconi. Evoca Machiavelli, ma io la invito a rileggere quella pagina del vangelo in cui vedendo Gesù che andava a mangiare da Zaccheo, «tutti mormoravano: è andato ad alloggiare da un peccatore!» Lei è come quella folla. Non pretendo capisca un’ esperienza di fede che, evidentemente non vive ma, proprio per questo, i suoi giudizi mi sembrano completamente slegati dalla realtà. Ho già avuto modo di chiarire che «non ho questo modello di vita, non lo applico, non lo condivido». Ma, soprattutto, «lo giudico». Vivo nell’ esperienza cristiana "il centuplo quaggiù" ed è quello che con tutti i miei limiti voglio testimoniare anche in politica. Come questa testimonianza entri nel cuore dell’ altro e, nel caso, lo cambi, non spetta a me deciderlo. Ritengo invece una grande forma di violenza pretendere la conversione di chi ci sta a fianco. Mi affido alle parole di un carcerato che, dopo l’ incontro con il cristianesimo, ha detto: «Credevo di non avere più nessuna possibilità, invece miè stata data fiducia. Il bene può cambiare anche le persone peggiori». Questo è lo sguardo che ho incontrato e l’ insegnamento che mi porto dietro da quando, giovanissimo, ho incontrato don Giussani e Comunione e liberazione. Per me la politica è costruire e servire il bene comune non la difesa di una poltrona o di un potere. Lei, dottor Scalfari, questa cosa non la capisce. Scrive che, scomparso Berlusconi, scomparirò anch’ io e che questo mi preoccupa. La differenza tra me e lei sta proprio qui. Io credo che si possa vivere l’ impegno in politica con passione e gratuità, quindi non ho paura di sparire dal Parlamento. Per questo non ho mai pensato, né dichiarato, che l’ etica debba essere sottomessa all’ efficacia. Ma allo stesso tempo resto fermamente convinto del fatto che il primo punto (non l’ unico!) sul quale giudicare un governo sia il suo operato e non la coerenza morale: quali leggi ha fatto in favore della persona, della famiglia, dello sviluppo o del lavoro, in sintesi, del bene comune. Su questo mi piacerebbe che anche lei accettasse di confrontarsi, anziché nascondersi dietro facili e banali schermaglie ideologiche. L’ autore è vicepresidente della Camera I cattolici si dividono da sempre in due categorie: quelli che cercano di far emergere nell’ animo umano la parte migliore e l’ amore per gli altri e quelli invece che cercano di ottenere benefici materiali per se stessi o per gruppi di persone che li interessano. Gesù di Nazareth affrontò il supplizio accollandosi i peccati del mondo. Francesco d’ Assisi arrivò addirittura ad ammansire un lupo. Capisco che si tratta di esempi di eccezione ma ogni giorno sacerdoti missionari cercano di alleviare le sofferenze altrui assistiti da un volontariato pervaso dagli stessi sentimenti di fraternità, indipendentemente dalla etnia e dal colore della pelle dei destinatari. A me non pare che il cattolico Lupi appartengaa questa categoria. I suoi comportamenti privati sono questioni che non ci riguardano. A lui avevamo solo chiesto se ritiene che i comportamenti del Presidente del Consiglio siano esemplari e degni di essere di guida ai cittadini di questo paese. La risposta di Lupi in questa lettera non c’ è. (e.s.) – MAURIZIO LUPI,