I giorni 12 e 13 giugno si svolgeranno quattro referendum
QUESITO 1-2
Il numero 1 e il numero 2 riguardano la gestione dei servizi pubblici : acqua, rifiuti, trasporto pubblico ecc. Nel primo si chiede di abrogare la norma che obbliga la gara d’appalto e vieta in sostanza l’affidamento diretto della gestione dei servizi direttamente alle società di proprietà dei comuni e delle province. In ogni caso occorre rispettare le direttive europee che richiedono procedure ad evidenza pubblica per tutto quanto abbia rilevanza economica e venga affidato dalla pubblica amministrazione. Tutto sommato, nel merito, può essere positivo lasciare più libertà d’azione agli enti locali.
Nel secondo referendum si chiede l’abrogazione della norma che prevede la remunerazione del capitale investito. In sostanza gli investitori non avrebbero più alcun guadagno sui soldi investiti. La conseguenza è l’impossibilità di effettuare investimenti sugli acquedotti, sugli impianti di trattamento rifiuti, sulle reti di trasporti se non con fondi pubblici. Visto che a causa della crisi mondiale e dei vincoli assunti dal nostro paese con l’Unione Europea, tali fondi sono ormai indisponibili, ABROGARE LE NORMA SIGNIFICHEREBBE RASSEGNARSI AL DEGRADO DEI SERVIZI PUBBLICI A COMINCIARE DA QUELLO DELL’ACQUA.
QUESITO 3
Il referendum numero 3 avrebbe dovuto abrogare norme che in realtà sono già state abrogate dal Governo con la legge n. 75 del 26 maggio 2011. La Cassazione, con una decisione dagli evidenti contenuti politici, ha ritenuto che il referendum debba abrogare le norme che hanno abrogato quelle che avrebbero dovute essere abrogate dal referendum. In sostanza verrebbe abrogata la norma che prevede la sospensione per un anno della data di entrata in vigore del Piano energetico allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza anche in ambito comunitario. Inoltre si abrogherebbe l’obbligo di prevedere entro un anno l’adozione della Strategia energetica nazionale.
IL MANTENIMENTO DEL REFERENDUM APPARE COME UNA FORZATURA POLITICA ED E’ STATO IMPUGNATO DAL GOVERNO DAVANTI LA CORTE COSTITUZIONALE. RICORDO CHE TUTTI I PAESI EUROPEI HANNO QUOTE DI PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA FONTE NUCLEARE COMPRESI TRA IL 17,5 % DELLA SPAGNA E IL 75,2 % DELLA FRANCIA, PASSANDO DAL 34,7 DELLA SVEZIA, DAL 39,5 DELLA SVIZZERA O DAL 26,5 DELLA GERMANIA, UNICHE ECCEZIONI LA BIELORUSSIA E LA POLONIA STORICAMENTE DIPENDENTI DALLA RUSSIA , L’AUSTRIA E, APPUNTO, L’ITALIA.
Il quesito è fortemente influenzato emotivamente dall’incidente di Fukushima. Occorre però valutare le conseguenze della decisione. Intanto sotto il profilo della sicurezza è bene sapere che in Giappone erano in funzione 18 centrali con 55 reattori e che di queste, a seguito del terzo più grave terremoto della storia e soprattutto del più grave Tsunami mai avvenuto, si è avuto un incidente solo nella più vecchia delle centrali che su cui peraltro era già stata segnalata la necessità di provvedere ad interventi sull’impianto di sicurezza. Un’altra delle centrali nucleari giapponesi è stata prudenzialmente disattivata mentre le altre 16 continuano a funzionare a pieno regime. In
Italia le centrali verrebbero realizzate in zone non sismiche e con i più moderni impianti di sicurezza. L’alternativa non sono certamente le energie rinnovabili (eolico, fotovoltaico, idraulico) che hanno forti impatti sul paesaggio e che richiedono enormi superfici. Basti dire che per sostituire una sola piccola centrale nucleare da 1000 megawatt servirebbero centoventi milioni di metriquadri di pannelli solari. Anche l’energia idroelettrica, che in Italia è sostanzialmente tutta utilizzata, non si può certo considerare una forma di produzione di energia sicura. Basti pensare agli oltre 1000 morti del Vayont e per quanto riguarda la Provincia di Brescia alle centinaia di morti causati dal crollo della diga del Gleno.In sostanza l’alternativa al nucleare è data, in gran parte, dal ricorso alle centrali a gas o a petrolio con il conseguente inquinamento e la produzione di gas serra. Basti pensare che se la Germania rinunciasse alle centrali nucleari già in esercizio vi sarebbe una produzione aggiuntiva di 29 milioni di tonnellate di anidride carbonica, gas serra che può influenzare i cambiamenti climatici. Infine bisogna ricordare che l’Italia vive una grave crisi economica e per garantire uno sviluppo e il lavoro ai nostri figli non si può pensare in modo velleitario di correre con un handicap energetico rispetto agli altri paesi.
PERTANTO RITENGO CHE LE NORME DEBBANO ESSERE MANTENUTE PER LASCIARE LA POSSIBILITA’ DI VALUTARE IN FUTURO SE RICORRERE O MENO ALL’UTILIZZO DELL’ENERGIA NUCLEARE.
QUESITO 4
Nel quarto quesito di chiede di abrogare la norma sul legittimo impedimento, quella che permette ai membri del Governo di avanzare come motivo per non partecipare alle udienze di processi che li riguardino, l’attività richiesta dalla carica ricoperta, La Corte Costituzionale ha già modificato la norma attribuendo comunque ai giudici la facoltà di concedere o meno il tale giustificazione . L’approvazione del referendum metterebbe, ad esempio, il Presidente del Consiglio nella difficile alternativa di dover scegliere tra rinunciare a difendersi nel dibattimento o rinunciare a svolgere le funzioni che il voto degli elettori gli ha attribuito. Ricordo che l’Italia è l’unico paese democratico privo di qualunque tutela del Parlamento nei confronti di decisioni assunte dalla magistratura, infatti l’immunità parlamentare introdotta dall’Assemblea costituente fu abrogata nel 1993 sull’onda emotiva provocata da tangentopoli. Si tratta di un’evidente anomalia del nostro paese e l’approvazione del quesito referendario non farebbe che accentuarla, quindi suggerisco di votare NO.
RIASSUMENDO : E' MEGLIO ESPRIMERE LA PROPRIA VOLONTA' DI MANTENERE IN ESSERE LE NORME CHE IL REFERENDUM VORREBBE ABROGARE NON ANDANDO A VOTARE.
RICORDO CHE, A DIFFERENZA DELLE ELEZIONI POLITICHE ED AMMINISTRATIVE NELLE QUALI CHI NON VOTA DELEGA AD ALTRI LA SCELTA, NEI REFERENDUM, A CAUSA DELLA NORMA CHE IMPONE IL RAGGIUGIMENTO DEL QUORUM DI ALMENO LA META’ DEGLI AVENTI DIRITTO AL VOTO, NON ANDARE A VOTARE SIGNIFICA ESPRIMERE IL NO ALL’ABROGAZIONE, CIOE’ LASCIARE IN VIGORE LE NORME
MAURO PAROLINI