Da "Il Corriere della Sera" di sabato 3 settembre 2011 |
PRIVACY, UN CURIOSO VALZER TUTTO ITALIANO di ANTONIO POLITO E certamente molto utile, per chi detiene il potere, conoscere le vite degli altri. Rende tutto più facile. Allo stesso tempo è anche molto eccitante per il pubblico. Da Sofocle ad Almodóvar, la gente adora sbirciare nelle vite degli altri. Ecco perché l`idea di pubblicare le dichiarazioni dei redditi di tutti gli italiani è insieme popolare e pericolosa. Pericolosa perché quanto più lo Stato penetra la totalità della vita dei suoi cittadini, tanto più è totalitario. Popolare perché dirotta la rabbia della gente dai politici responsabili del disastro italiano a una più divertente caccia all`untore. Tutto il torneo delle tasse d`agosto serve a questo: i partiti stanno aizzando gli italiani l`uno contro l`altro, dicendo a ognuno che la colpa è del vicino. L`effetto di disunione e odio sociale che si sta producendo nel Paese, proprio quando servirebbe un soprassalto di coesione e solidarietà, è molto grave. Ecco perché sbaglia chi dice: badiamo alla sostanza, meno privacy e più gettito fiscale. Una democrazia liberale non può valutare solo l`efficacia delle sue azioni, ma anche la loro correttezza e lealtà nei confronti del cittadino, il quale altrimenti è indifeso dinanzi alla onnipotenza del Leviatano e torna a essere un suddito. Questo vale tanto più ora che c`è l`informatica. Infatti la tendenza mondiale, iperdemocratica, è di usarla per controllare il potere (vedi Wikileaks); quella autoritaria, in voga in Italia, vuole invece che sia il potere a usarla per controllare noi. Del resto, lo Stato già conosce le nostre dichiarazioni dei redditi; e se è per questo conosce pure i nostri astrusi Iban bancari, anche se ora vuole che li scriviamo nel 730. Lo Stato dispone già di tutti i mezzi per incrociare dati, fare ricerche, verificare la congruità dei nostri patrimoni- Possiede una società apposita, la Sogei, migliaia di dipendenti per gestire l`anagrafe tributaria, finita nell`inchiesta sulla corruzione dell`onorevole Milanese. Ha la Guardia di finanza, sfortunatamente anch`essa come sopra. Dunque lo Stato gestisca correttamente le enormi risorse coercitive che già ha, invece di fare appelli alla delazione tra cittadini. I nostri redditi sono già pubblici. Se proprio il mio vicino di casa vuol sapere quanto dichiaro, quante spese mediche detraggo e a chi dono l`otto per mille, faccia almeno la fatica di arrivare fino al Comune e di consultare dei documenti cartacei, invece che trovarseli con Google sul divano di casa. Si dice: ma così può denunciarmi se ha qualche sospetto di evasione. Certo. Se avesse una telecamerina nascosta in casa mia potrebbe averne anche molti altri, di sospetti. Per questo gli stati totalitari invitano alla delazione. Per questo Le vite degli altri è il titolo di un film su uno Stato di polizia. Il fatto è che in Italia si stenta a capire che c`è una differenza tra ciò che è pubblico e ciò che è pubblicabile. Anche ciò che non è segreto può essere riservato. Prendiamo l`intercettazione telefonica in cui Berlusconi dice a tal Lavitola (ma con chi passa le serate al telefono, presidente?), che vuole andare via da «un Paese di merda». Si capisce che il capo del governo non è un cittadino qualsiasi, e che quindi il suo diritto alla riservatezza sia affievolito rispetto a quello di un comune cittadino. Si capisce pure che quando è lui l`indagato i pm tendano ad aggirare la norma per cui un parlamentare non può essere intercettato senza autorizzazione, semplicemente intercettando i suoi interlocutori. Ma perfino quando il premier è la parte lesa, cioè è vittima secondo i pm di un`estorsione, deve subire la pena accessoria della pubblicazione di telefonate di cui l`unico uso possibile è la gogna mediatica? In questi casi viene forte il sospetto che i` intercettazione non sia parte essenziale dell`inchiesta su un reato, ma il fine stesso dell`inchiesta. Soprattutto quando questa riguarda fatti su cui già indaga un`altra Procura (Bari), ora sospettata proprio di non aver prontamente rivelato le intercettazioni. Si, so lo, sono forme. La sostanza – dicono in tanti – è che Berlusconi, a notte fonda, denigrava al telefono con un interlocutore improbabile e poco affidabile il Paese che un tempo disse di amare. L`effetto politico è sicuro. Ma bisogna aver paura dei sostanzialisti: hanno disseminato la storia di regimi in cui il fine giustifica ogni mezzo. Lo Stato di diritto è forma. Da tempo, in Italia, sembra uno sformato. |