Giornale di Brescia 9 febbraio 2012
All’autostrada di Valtrompia non ci crede più nessuno. È infatti opinione diffusa che, dopo 50 e passa anni di tira e molla e dopo la gaffe dell’Anas, che non rispettò il termine quinquennale per perfezionare gli espropri, sia tempo e ora di dire addio al progetto.
Il comitato «Viabilità interna di Concesio e autostrada di Valtrompia» è tra quanti sostengono che siano venute meno le condizioni tecniche e pratiche dell’opera. E affida ad un documento i motivi del dissenso. Il comitato in sostanza adduce tre argomenti a sostegno della tesi contraria al progetto: scaduti i termini si dovrebbe rifare tutto daccapo, progetto compreso; le condizioni di traffico sono mutate, anzi, diminuite rispetto alle proiezioni degli anni scorsi; le disponibilità finanziarie di Serenissima non sarebbero poi così certe (ricordiamo che il finanziamento della Valtrompia per poco più di 250 milioni di euro era una delle condizioni per il rinnovo della concessione alla società autostradale). Cerchiamo ora di capire se proprio tutto è stato sbagliato e sia tutto da rifare, oppure se vi siano ancora delle ragioni per battere il chiodo e andare avanti.
Lo chiediamo a Mauro Parolini, oggi consigliere regionale, per tanti anni assessore provinciale ai Lavori pubblici e ancora impegnato affinché la Valtrompia diventi il punto di raccordo della nuova viabilità bresciana, in particolare della neo-inaugurata Corda Molle.
Oggettivamente parlare e scrivere di questi 5 tribolati chilometri fa impressione. È una tragicommedia, ma senza fine.
«Credo che l’unica ipotesi perseguibile sia quella che il Governo riformuli e approvi un altro decreto di pubblica utilità. A questo punto dobbiamo prendere atto dell’errore fatto da Anas e della necessità di completare l’opera. Il traffico resta comunque molto elevato e questo tratto è senza dubbio complementare al ridisegno della viabilità bresciana. A questo punto – precisa ancora Parolini – la prossima mossa è solo nelle mani del Governo». Come dire: senza un altro decreto si ferma tutto. In caso contrario che ne sarà degli espropri (400 quelli programmati) che sono già stati perfezionati con accordo bonario e, ancora, il progetto definitivo diventerà carta straccia? Sono domande da porre, anche se per ora non trovano risposta. La «strada d’oro», così è stata chiamata l’autostrada di Valtrompia, costa davvero cara. L’ultimo preventivo era di 51 milioni al chilometro.
Nel 2010 la Brescia-Padova aveva messo a bilancio una prima tranche di 40 milioni di euro, una rata iniziale fino a copertura dell’intero costo del primo (e ultimo lotto, a questo punto) fra Concesio e Sarezzo. Il comitato che si oppone al progetto mette in dubbio, considerate le mutate condizioni economiche, che Serenissima abbia a disposizione questo «tesoretto». Per Parolini sì, anzi, «in un piano finanziario da tre miliardi l’importo per la Valtrompia dovrebbe essere prioritario».
Certo, sul costo totale dell’opera pesa l’effetto spread. Poiché il sensibile rialzo del costo del denaro non è un fattore secondario nel finanziamento delle infrastrutture e di questo ci si rende conto ora quando si aggiornano i business plan di Brebemi, Tem e Pedemontana. Si spera, in sostanza, in una tendenza al ribasso.
Claudio Venturelli
Il comitato «Viabilità interna di Concesio e autostrada di Valtrompia» è tra quanti sostengono che siano venute meno le condizioni tecniche e pratiche dell’opera. E affida ad un documento i motivi del dissenso. Il comitato in sostanza adduce tre argomenti a sostegno della tesi contraria al progetto: scaduti i termini si dovrebbe rifare tutto daccapo, progetto compreso; le condizioni di traffico sono mutate, anzi, diminuite rispetto alle proiezioni degli anni scorsi; le disponibilità finanziarie di Serenissima non sarebbero poi così certe (ricordiamo che il finanziamento della Valtrompia per poco più di 250 milioni di euro era una delle condizioni per il rinnovo della concessione alla società autostradale). Cerchiamo ora di capire se proprio tutto è stato sbagliato e sia tutto da rifare, oppure se vi siano ancora delle ragioni per battere il chiodo e andare avanti.
Lo chiediamo a Mauro Parolini, oggi consigliere regionale, per tanti anni assessore provinciale ai Lavori pubblici e ancora impegnato affinché la Valtrompia diventi il punto di raccordo della nuova viabilità bresciana, in particolare della neo-inaugurata Corda Molle.
Oggettivamente parlare e scrivere di questi 5 tribolati chilometri fa impressione. È una tragicommedia, ma senza fine.
«Credo che l’unica ipotesi perseguibile sia quella che il Governo riformuli e approvi un altro decreto di pubblica utilità. A questo punto dobbiamo prendere atto dell’errore fatto da Anas e della necessità di completare l’opera. Il traffico resta comunque molto elevato e questo tratto è senza dubbio complementare al ridisegno della viabilità bresciana. A questo punto – precisa ancora Parolini – la prossima mossa è solo nelle mani del Governo». Come dire: senza un altro decreto si ferma tutto. In caso contrario che ne sarà degli espropri (400 quelli programmati) che sono già stati perfezionati con accordo bonario e, ancora, il progetto definitivo diventerà carta straccia? Sono domande da porre, anche se per ora non trovano risposta. La «strada d’oro», così è stata chiamata l’autostrada di Valtrompia, costa davvero cara. L’ultimo preventivo era di 51 milioni al chilometro.
Nel 2010 la Brescia-Padova aveva messo a bilancio una prima tranche di 40 milioni di euro, una rata iniziale fino a copertura dell’intero costo del primo (e ultimo lotto, a questo punto) fra Concesio e Sarezzo. Il comitato che si oppone al progetto mette in dubbio, considerate le mutate condizioni economiche, che Serenissima abbia a disposizione questo «tesoretto». Per Parolini sì, anzi, «in un piano finanziario da tre miliardi l’importo per la Valtrompia dovrebbe essere prioritario».
Certo, sul costo totale dell’opera pesa l’effetto spread. Poiché il sensibile rialzo del costo del denaro non è un fattore secondario nel finanziamento delle infrastrutture e di questo ci si rende conto ora quando si aggiornano i business plan di Brebemi, Tem e Pedemontana. Si spera, in sostanza, in una tendenza al ribasso.
Claudio Venturelli