«Libertà» e «responsabilità personale» sono le parole chiave della lezione offerta dalla scrittrice e psicoterapeuta Silvana De Mari ai cento partecipanti al corso di formazione dell´associazione Areopago partiti da Brescia con destinazione Sicilia.
Libertà e responsabilità personale: due concetti quanto mai di attualità a 1.300 chilometri di distanza, nell´aula del Consiglio regionale della Lombardia, che Mauro Parolini frequenta da due anni, dopo una lunga e fattiva esperienza da assessore provinciale ai Lavori Pubblici (sotto la sua gestione sono diventate realtà la terza corsia della Tangenziale Sud, con il mega-svincolo dell´Eib, in città, e una miriade di rotatorie in provincia che gli sono valse il titolo di Mister Rotonda).
INGEGNERE prestato alla politica, Parolini è entrato al Pirellone con il record di preferenze personali fra i consiglieri bresciani, secondo assoluto fra tutti i candidati Pdl in Regione: una dote che, in genere, vale un assessorato. Non nel suo caso: già troppe le deleghe affidate alla sua corrente, che fa capo a Cl. Così, Parolini si è dovuto accontentare della presidenza della Commissione Agricoltura, parchi e ciclo idrico. E siede a due banchi da Nicole Minetti, l´icona del listino bloccato, anziché in Giunta.
Dalla Lombardia al Lazio, oggi le Regioni sono nella bufera e Parolini – da sempre paladino della sobrietà, non solo a parole – non nasconde il disagio di essere assimilato ai Fiorito, ai Belsito, ai Lusi e agli altri arraffoni della politica. «Quelli lì non sono scusabili: hanno fatto cose vergognose e vanno puniti duramente – sostiene deciso -. Non è giusto, però, che si estenda a tutti il comportamento di qualcuno». Le responsabilità sono personali, sostiene il consigliere regionale del Pdl. «I cittadini sono giustamente arrabbiati e indignati, ma io sono ancora più arrabbiato e indignato di loro, perché gli errori di chi ha badato solo ai propri interessi personali hanno gettato discredito su un´intera classe politica», si rammarica Parolini. Di più: «I presidenti che hanno governato il Lazio negli ultimi dieci anni non dovevano dimettersi uno perchè andava a trans e l´altro perchè aveva in consiglio Batman, ma perché non si può tollerare che una Regione chiuda il proprio bilancio con un disavanzo di oltre un miliardo di euro per la sanità, come ha fatto il Lazio. E questo, neppure per avere la migliore sanità del mondo, ma solo a causa di una cattiva gestione. Quello per me è il vero scandalo, al di là dei comportamenti individuali illegittimi, che ovviamente vanno puniti e che danno argomenti ai fanatici dell´antipolitica, in buona o in cattiva fede che siano. Lo scandalo è il sistema che non funziona, sono i controlli che nessuno ha messo in campo: chi ha chiuso gli occhi o ha autorizzato la Regione Lazio a spendere per tanti anni più di quanto poteva? Perché la Lombardia, pur avendo un pareggio in bilancio da 10 anni, ha deciso di contenere ulteriormente le spese, tagliando il 6 per cento dei propri dirigenti fra Asl e ospedali, e deve essere messa nel calderone insieme alle Regioni del Sud che hanno i conti in dissesto? Il discorso, naturalmente, vale anche per l´Emilia Romagna, perché la discriminante è la buona o cattiva gestione, non la colorazione politica».
CERTO, dal caso Daccò in giù, anche la Lombardia ha le sue zone d´ombra e di nebbia, ma almeno garatisce una sanità efficiente, con punte di assoluta eccellenza, obietta Parolini. Per questo «bisogna stare attenti a non buttare via il bambino insieme all´acqua sporca. E la soluzione non può essere lo Stato centrale e centralista, in nome di un´efficienza che non è mai esistita, perché lo Stato non è meglio delle Regioni, anzi è un gigante immobile che paralizza il Paese e, ben più di Lazio e Sicilia, è il maggior responsabile dell´esplosione della spesa pubblica. Le autonomie, soprattutto quelle virtuose del Nord, vanno salvate, certo in un quadro di ritrovata sobrietà e responsabilità. Le riforme vanno fatte a mente serena: ciò che c´è di male si butta, ciò che funziona si tiene. È l´unico modo per sfuggire alla tentazione di ridurre la libertà e per evitare di ripetere i grandi disastri del Novecento: se un uomo è libero può anche sbagliare, l´inizio del totalitarismo è pensare che per eliminare gli errori si debba eliminare la libertà».
Libertà e responsabilità personale: si torna sempre al punto di partenza. «Ogni cittadino ha precisi doveri nei confronti della collettività e chi ha un ruolo più importante, chi prende decisioni deve anche risponderne, darne conto – sostiene Parolini -. Personalmente credo che chi lavora bene deve essere pagato quanto merita. Detto questo e premesso che se mi dedicassi al mio lavoro, anziché impegnarmi in politica, guadagnerei sicuramente di più, è chiaro che in questo momento la politica non deve pensare o dare l´impressione di essere fuori dalla realtà della crisi. Chi governa non può dire ai cittadini ora andate in pensione a 66 anni e pensare di mandare se stesso a 50. In risposta ai sacrifici chiesti ai cittadini, dobbiamo dare un segnale chiaro, dimostrare che siamo partecipi della crisi, anzi più partecipi di tutti, e che per noi il bene comune viene sempre prima degli interessi personali. Benvengano, dunque, i tagli ai costi della politica, e guai a chi protesta». Quanto alle Minetti di turno, «l´abolizione dei listini è sicuramente una buona scelta», commenta Parolini, lasciando intravvedere il disagio per le scelte della politica che mortificano la meritocrazia.
«Il fallimento di Berlusconi? Non aver saputo dare le risposte che il Paese si aspettava in tema di riduzione delle leggi, semplificazione e lotta alla burocrazia – sostiene il consigliere regionale Pdl -. Per ripartire dobbiamo rimettere in gioco le questioni fondamentali: la libertà, il sostegno alle persone e alle imprese, la difesa del lavoro e della famiglia, l´efficienza amministrativa».
NEL SUO PICCOLO, Parolini annuncia l´impegno all´ascolto del mondo agricolo nel percorso che porterà alla realizzazione del nuovo Piano agricolo comunitario, annuncia la prossima istituzione di una nuova area protetta in provincia di Brescia («Dopo il buco del tedesco, detto anche prato della noce di Vobarno, metteremo sotto tutela la Rocca di Manerba») e svela la sua filosofia sui parchi: «luoghi da proteggere e da rendere fruibili, non tenendo fuori l´uomo ma fissando regole precise». Quanto alla Tav e al ritorno in Commissione della mozione sul tracciato nella zona del basso Garda «la logica non può essere la sindrome del Nimby, not in my back yard, non nel mio giardino, come dicono gli americani – sostiene Parolini -. Il problema non è spostare di qualche metro il tracciato, ma migliorare il progetto nato nel 1991, perché in vent´anni sono cambiate molte cose, si pensi per esempio ai vigneti del Lugana, un vino locale che in due decenni ha saputo diventare un vino pregiato a livello internazionale. È chiaro che il progetto continua, perché se la Tav non arriva almeno a Verona non ha senso. E visto che al momento i soldi non ci sono sfruttiamo questo tempo per ottimizzare il progetto, spostando dall´area gardesana non la linea ferroviaria, ma i cantieri e le aree di scambio e manutenzione che possono essere realizzate altrove, tutela dell´agricoltura, del turismo e dell´ambiente. Sarebbe davvero un grande risultato».
Marco Bencivenga
FURNARI (Messina)