Gli ultimi dati riguardanti il PIL (35,6 miliardi di euro) e l'export (14,2 miliardi) della nostra provincia attestano che, da sola, Brescia ha una potenza economica di uno stato nazionale di medie dimensioni, numeri che, oltre a descrivere una graduale ripresa, impongono una questione centrale su come trasformare questa forza in benessere comunitario e come consolidare questa performance.
Ora, potrei esaurire il mio intervento descrivendo le prerogative delle misure che Regione Lombardia sta mettendo in campo con la nuova legge regionale ‘Manifattura 4.0’, che con un investimento di ben 580 milioni di euro punta proprio a consolidare in modo strutturale i segnali di crescita, non solo a Brescia, attraverso l’accesso facilitato al credito, il sostegno all’innovazione, la semplificazione amministrativa, la realizzazione di percorsi di formazione, la creazioni di reti, l’integrazione tra produzione e ricerca, i giovani e le start up, il sostegno all’internazionalizzazione. Tuttavia la questione posta ha un respiro molto più ampio, supera la bontà degli strumenti tecnici sopra descritti e ci interroga su quale modello di politica economica e sociale sia in grado di dare le risposte più efficaci e inclusive, anche sul fronte della disoccupazione e di altre forme di marginalità sociale.
Oggi non c’è un modello condiviso e va ricostruito insieme, perché questa assenza rischia di dissipare la potenza del tessuto produttivo bresciano descritta dai numeri e impedisce che questa ricchezza sia messa a servizio della comunità. Nessun realtà sociale che cresce come la nostra può perdere di vista la centralità della persona. La ripresa economica che stiamo intravedendo non deve lasciare indietro nessuno, né persone, né territori. E in questa prospettiva di inclusione le grandi realtà associative e cooperative, quelle produttive, insieme alle istituzioni educative e culturali che la storia bresciana ha creato sono essenziali. Ecco quindi tutte queste realtà, quelle animante da buona volontà, possono rilanciare il ruolo, ma soprattutto la responsabilità, della Leonessa nell’essere traino per l’intera regione e nel poter incidere in modo significativo nella creazione di un nuovo umanesimo. Questo processo può partire da qui.
Brescia può ritornare protagonista, senza accettare soluzioni calate dall’alto, affrontando i problemi posti dalla complessità di questo momento, dove la questione del lavoro è dominante, come sfide e non come ostacoli, accettando anche il confronto e il conflitto in modo aperto per trasformarlo in un occasione di creare un modello di politica sociale ed economica per il resto della Lombardia e del Paese. È in questo contesto che anche la funzione decisionale della politica e le istituzioni devono ritrovare la propria centralità, recuperando l’apertura, la capacità di dialogo e di guardare lontano ricercando il bene comune. Ma, come ci ha ricordato recentemente Papa Francesco “Il modo migliore di dialogare non è quello parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti”. Da qui partirei per rispondere alla questione lanciata da queste pagine, che mi auguro possa generare un dibattito diffuso e proficuo nel tessuto sociale bresciano.