Bresciaoggi
Caro direttore, ho dovuto leggere due volte la replica di Don Mario Neva alla nota di Graziano Tarantini, non perché mi manchino le basi culturali per comprenderla, ma perché non volevo credere che chi si definisce "sacerdote della Diocesi di Brescia" possa assumere una posizione così caratterizzata politicamente, ma soprattutto faziosa e piena di disprezzo per chi vive in prima linea un’esperienza di vita cristiana. Sono anch’io un cattolico, certo non un cattolico coerente come Prodi e la Bindi, ma che cerca, consapevole del proprio limite ontologico, di non relegare al tempo libero il proprio essere cristiano.
Volendomi impegnare in politica ho dovuto scegliere una parte e ho scelto quella che mi sembrava più vicina a quei valori non negoziabili di cui parla il Papa e che Don Neva non sembra granché apprezzare. Vivo questa appartenenza con sufficiente distacco, cercando di tenermi lontano da posizioni faziose e ideologiche. Sono consapevole che il primo scopo della politica è contrastare quella disgregazione che rende impossibile il perseguimento del bene comune. Più che un "cattolico adulto" alla Prodi cerco di essere simile a quell’"infante" di cui parlava Cossiga.
Vedo nell’esperienza di Formigoni un caso di successo, fondato su quella sussidiarietà che è il criterio fondamentale della dottrina sociale della Chiesa. Il rilancio di una politica utile, più che dal lamento moralistico nei confronti di ciò che non funziona negli altri (che sembra ormai l’unico refrain della sinistra) può partire dalla comprensione di esperienze come quella lombarda che, sulla base di una fiducia nella persona, creano le condizioni per lo sviluppo positivo della società.
Sono convinto che per fare politica serva molta cultura, cioè una conoscenza non approssimativa della natura umana che è fatta di sentimento e ragione, secondo le forme che essa ha generato nel corso della nostra storia. Per questo, per esempio, poche settimane fa un gruppo molto numeroso di amministratori e politici bresciani riuniti dalla Associazione Areopago ha iniziato un corso di formazione con una lettura, eseguita dal Professor Franco Nembrini, del primo e dell’ultimo canto della Divina Commedia, cercando in essa le ragioni che danno significato anche oggi alla vita e quindi alla politica.
Lo ammetto, aderisco a Comunione e Liberazione da quando ero ragazzo e vado tutti gli anni al Meeting di Rimini che mi stupisce per la capacità di incontrare e valorizzare ciò che di buono si trova anche in territori ben lontani da quello della Chiesa Cattolica. Ammetto anche, con un po’ di timore, nonostante sia solo un ingegnere e non un professore universitario, di aver letto e di leggere anche altri autori oltre quelli che Don Neva ha elencato nella sua replica, dai grandi poeti italiani, ai romanzieri russi dell’ottocento e del novecento e a molti autori contemporanei.
A Don Neva vorrei dire che se il metodo e lo stile per ricompattare i cattolici nella ricerca della mitica e, finora, mai trovata terza via sono i suoi, preferisco, con tutto il rischio di sbagliare, continuare a seguire la prima via, quella che il Papa e i Vescovi indicano con chiarezza a chi li voglia ascoltare.
P.S. Il nome corretto del poeta citato da Don Neva è Thomas Stearns Eliot, con una sola elle.
Mauro Parolini
Volendomi impegnare in politica ho dovuto scegliere una parte e ho scelto quella che mi sembrava più vicina a quei valori non negoziabili di cui parla il Papa e che Don Neva non sembra granché apprezzare. Vivo questa appartenenza con sufficiente distacco, cercando di tenermi lontano da posizioni faziose e ideologiche. Sono consapevole che il primo scopo della politica è contrastare quella disgregazione che rende impossibile il perseguimento del bene comune. Più che un "cattolico adulto" alla Prodi cerco di essere simile a quell’"infante" di cui parlava Cossiga.
Vedo nell’esperienza di Formigoni un caso di successo, fondato su quella sussidiarietà che è il criterio fondamentale della dottrina sociale della Chiesa. Il rilancio di una politica utile, più che dal lamento moralistico nei confronti di ciò che non funziona negli altri (che sembra ormai l’unico refrain della sinistra) può partire dalla comprensione di esperienze come quella lombarda che, sulla base di una fiducia nella persona, creano le condizioni per lo sviluppo positivo della società.
Sono convinto che per fare politica serva molta cultura, cioè una conoscenza non approssimativa della natura umana che è fatta di sentimento e ragione, secondo le forme che essa ha generato nel corso della nostra storia. Per questo, per esempio, poche settimane fa un gruppo molto numeroso di amministratori e politici bresciani riuniti dalla Associazione Areopago ha iniziato un corso di formazione con una lettura, eseguita dal Professor Franco Nembrini, del primo e dell’ultimo canto della Divina Commedia, cercando in essa le ragioni che danno significato anche oggi alla vita e quindi alla politica.
Lo ammetto, aderisco a Comunione e Liberazione da quando ero ragazzo e vado tutti gli anni al Meeting di Rimini che mi stupisce per la capacità di incontrare e valorizzare ciò che di buono si trova anche in territori ben lontani da quello della Chiesa Cattolica. Ammetto anche, con un po’ di timore, nonostante sia solo un ingegnere e non un professore universitario, di aver letto e di leggere anche altri autori oltre quelli che Don Neva ha elencato nella sua replica, dai grandi poeti italiani, ai romanzieri russi dell’ottocento e del novecento e a molti autori contemporanei.
A Don Neva vorrei dire che se il metodo e lo stile per ricompattare i cattolici nella ricerca della mitica e, finora, mai trovata terza via sono i suoi, preferisco, con tutto il rischio di sbagliare, continuare a seguire la prima via, quella che il Papa e i Vescovi indicano con chiarezza a chi li voglia ascoltare.
P.S. Il nome corretto del poeta citato da Don Neva è Thomas Stearns Eliot, con una sola elle.
Mauro Parolini