È questa la ragione per cui ancora il Papa, pur riconoscendo il disagio e il disorientamento che spingono ciascuno a muoversi in maniera solitaria e a compiere scelte di vita sempre più fragili, non ha potuto evitare di lanciare un appello: «Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non perdete mai la speranza» (Ancona, 11 settembre 2011).
È un invito a guardare la crisi come opportunità: essa, infatti, costringe a rendersi conto del valore di cose a cui non si pensa finché non vengono meno: per esempio, la famiglia, leducazione, il lavoro.
Del resto, di crisi lItalia ne ha attraversate tante anche negli ultimi 150 anni, senza reagire con una difesa aprioristica del passato e nemmeno con chiusure preconcette, ma mettendo in gioco una capacità di un cambiamento che ha posto le premesse per un continuo inizio − tanto nuovo quanto imprevedibile − della convivenza sociale.
Allora la domanda da porsi riguarda il contenuto del cambiamento, che è frutto di una libertà in azione.
In primo luogo, occorre essere leali e ammettere che le ideologie non pagano più, che lo statalismo fa sprofondare nei debiti e che la finanza non salva luomo e aumenta solo la folla degli indignados, segno di una esigenza tanto positiva (che, cioè, i desideri e i bisogni concreti delle persone non siano continuamente estromessi dal dibattito pubblico) quanto scomposta.
In secondo luogo, bisogna riconoscere che nella situazione attuale sono reperibili le tracce di un cambiamento positivo.
Alcuni esempi
Ci sono persone che non si lasciano trascinare dal flusso delle cose, ma remano controcorrente anche a costo di sacrifici, e per questo sono riconoscibili. Proprio nel mezzo di una crisi tra le più gravi della nostra storia, esistono fatti virtuosi, segno di persone che si sono rimesse in azione senza aspettare che altri − sempre altri − risolvano i problemi. Non potendo cambiare tutto subito, hanno cominciato a cambiare loro. Cè gente che affronta la realtà senza preclusioni, e prova a darsi da fare senza rinnegare e dimenticare nulla.
– Molte famiglie, che potrebbero sfaldarsi sotto lurto delle difficoltà economiche, scoprono il valore del fare sacrifici, magari per garantire a tutti i costi leducazione dei figli, fino al punto di accettare un regime di vita più sobrio; inoltre non smettono di tessere reti di solidarietà e, se possibile, di risparmio.
– Nel campo della formazione professionale, segnato dal perdurare del clientelismo, nascono realtà che tornano a insegnare ai giovani un mestiere, mettendo di nuovo in contatto il mondo dellimpresa e quello della scuola.
– A dispetto delle enormi difficoltà a reperire fondi, continuano a nascere opere di solidarietà e di cooperazione; talune di quelle storiche, poi, si rinnovano invece di morire. E dilatano lesperienza della condivisione gratuita del bisogno di milioni di persone, quel mare di carità che ha segnato la storia dellItalia.
– Ci sono imprese che, pur tra mille ostacoli che potrebbero indurre a chiudere, hanno accettato la sfida del cambiamento e stanno creando occupazione aumentando il fatturato, anche se non riescono da sole a sostenere la crescita dellItalia.
– Soprattutto in un panorama giovanile spesso sconfortante, ci sono molti giovani che non si accontentano di un futuro mediocre: per esempio, le università sono considerate un settore secondario della vita sociale, eppure molti studenti − a differenza del recente passato − non si accontentano più del pezzo di carta alla fine degli studi, ma imparano presto una lingua straniera, sono disponibili a trascorrere periodi allestero, a fare stage, a studiare in modo adeguato; e trovano posti lusinghieri in aziende o atenei esteri.
I fattori di un possibile cambiamento
Che cosa accomuna tutti questi tentativi positivi? La convinzione che la realtà, anche quando appare negativa e difficile − come vediamo oggi −, rimette in gioco la voglia di conoscere, di costruire, di impegnarsi, sebbene sia stata oscurata e mortificata da anni di omologazione del potere.
Allora la strada per attraversare − e per non subire da rassegnati − la crisi è vivere la realtà come una provocazione che ridesta il desiderio e la domanda che, per quanto riguarda lItalia, significa anche ingegno, conoscenza, creatività, forza di aggregazione.
Questi tentativi mostrano la risposta allunica domanda che nessuno sembra affrontare: da che cosa può rinascere la crescita, da che cosa si può ricreare la ricchezza dellItalia?
Da quellimprevedibile istante in cui un uomo genera novità, prodotti, servizi, valore aggiunto, bellezza per sé e per gli altri, senza che nessun antecedente storico, sociale e politico possa ultimamente spiegare lincremento di valore e di ricchezza che si genera.
Soprattutto nei momenti di crisi questo desiderio in azione è il più potente fattore che fa rinascere la certezza, come ha detto il presidente Napolitano al Meeting di Rimini: «Portate, nel tempo dellincertezza, il vostro anelito di certezza», fino a riconoscere che chi accetta questa sfida è «una risorsa umana per il nostro Paese».
Dentro un popolo rinasce la speranza
Ma solo se sono collocati dentro un popolo il desiderio ridestato e i tentativi che nascono dalla persona hanno possibilità di durare. E il popolo è un mettersi insieme della gente non nella provvisorietà di un tornaconto, ma sostanzialmente. Non contro un nemico, ma per un bene desiderato e perseguito. Per questo la distruzione di un popolo − con tutta la sua ricchezza espressiva e associativa − è lanticamera delluccisione del desiderio: infatti se i giovani non sono di fronte a una esperienza umana diversa, come possono percepire che il mondo può cambiare? E come può nascere in loro la speranza del futuro?
Le scelte politiche devono essere in funzione di chi si muove in questa direzione e non più a vantaggio di chi agisce per schieramenti di potere e promette di cambiare tutto perché nulla cambi.
È lesempio che ci viene dal discorso del Papa al Parlamento tedesco, che ha indicato che cosa deve essere importante per un politico: «Un cuore docile», che sappia «rendere giustizia al popolo» e «distinguere il bene dal male». E con questo ha messo nelle mani di tutti il criterio per giudicare loperato di chi fa politica.
Questo spiega perché persone con ideologie diverse si possono incontrare persino in politica (come accade nellIntergruppo parlamentare per la sussidiarietà, che raduna parlamentari di tutti gli schieramenti e che ha prodotto leggi come quella sul 5 per mille a vantaggio delle realtà non profit), rinverdendo quella tradizione per cui le contrapposizioni pur dure non hanno impedito di collaborare alla costruzione del bene comune, specialmente nei momenti più drammatici della nostra storia.
Questi elementi possono orientare le scelte politiche in modo opportuno, come strumenti per un cambiamento che viene inevitabilmente dal basso. La prima politica, infatti, è sostenere chi costruisce un bene per tutti e cercare insieme risposte pratiche alle difficoltà e alle speranze di un popolo.
Così si può rilanciare lo sviluppo del Paese, scommettendo sugli «io» in azione − persone e comunità −, e riconoscendo il ruolo decisivo delleducazione, dalla quale dipende il futuro di un popolo. E leducazione non riguarda solo i giovani, ma tutti.
Ecco alcuni strumenti che possono favorire una ripresa:
– difendere la vita in ogni suo momento e in tutti i suoi aspetti;
– investire in un sistema dellistruzione e formazione professionale fatto di scuole statali, libere e paritarie, e di università competitive fra loro nella didattica e nella ricerca, valorizzando il merito degli studenti e dei professori fin dal reclutamento e negli avanzamenti di carriera;
– offrire le necessarie opportunità ai giovani capaci e meritevoli, affinché lItalia non diventi un Paese per vecchi;
– aiutare selettivamente le imprese che investono, creano occupazione ed esportano, eliminando lacci, laccioli e aiuti clientelari che non producono alcuno sviluppo;
– allearsi − nella direzione di un welfare sussidiario − con le famiglie, i portatori di risparmio, di aiuto ai più deboli, di educazione; e ancora, collaborare con le miriadi di realtà sociali che lavorano per il bene di tutto il popolo, secondo il principio di sussidiarietà;
– difendere un ambiente degradato e distrutto dalle speculazioni di ogni genere;
– favorire un federalismo fiscale che rinnovi la pubblica amministrazione, facendo pagare i costi e gli sprechi a chi li provoca ed eliminando le sacche di clientelismo e di spreco.
È a livello di queste preoccupazioni che si colloca il contributo dei cattolici alla vita sociale, come afferma il cardinale Angelo Scola: «La vita del nostro popolo documenta anche lesistenza di fatti e opere buone che dicono questa sovranità sul male dellumana libertà quando si lascia cambiare dalla grazia di Cristo. Sono segni ragionevoli che la speranza, alimentata dalla fede e dalla carità, praticata nelle nostre comunità, è veramente affidabile» (Milano, 16 ottobre 2011). Lo ha sottolineato il cardinale Angelo Bagnasco: «I cristiani da sempre sono presenza viva nella storia, consapevoli che la fede in Cristo è un bene anche per la Città» (Todi, 17 ottobre 2011).
A cura di Comunione e Liberazione