Bresciaoggi 11 giugno 2011
«Oggi nel mondo accade di morire perché si crede in Cristo». Mario Mauro, parlamentare europeo del Pdl, è venuto ieri sera a Brescia a tenere un appassionato discorso sulle persecuzioni dei cristiani in 50 Paesi del pianeta, a partire dal suo libro uscito un anno fa, Guerra ai cristiani, firmato con lui da Vittoria Venezia e Matteo Forte. Ad invitarlo l’associazione L’aeropago, ad aspettarlo una sala piena di gente nel centro Pro Family di San Polo. A salutarlo l’assessore comunale Paola Vilardi, a nome del sindaco, in sala Graziano Tarantini e altri amici. Al tavolo dei relatori, coordinati da Claudio Baroni del Giornale di Brescia, il consigliere comunale Aldo Rebecchi, il presidente del consiglio provinciale Bruno Faustini, il consigliere regionale Mauro Parolini.
MAURO ha continuato a ripetere che la sua continua denuncia punta a trasmettere la speranza che anima le comunità perseguitate. Tuttavia la sua cascata irrefrenabile di parole ha condannato il potere che in quegli Stati con la libertà religiosa uccide la libertà stessa e la democrazia, uccide la speranza di tutti. «Come ha sempre ribadito Giovanni Paolo II la libertà religiosa è la cartina di tornasole di tutte le libertà». Ma è soprattutto il cristianesimo a fare paura, secondo Mauro, perché dai tempi degli imperatori romani i potenti lo temono come destabilizzante. Oggi poi si aggiunge per i fondamentalisti arabi il teorema – cristiano uguale occidentale -, quindi ecco individuato il nemico da abbattere. «Invece i cristiani non sono legati a precise popolazioni, ideologie, luoghi geografici, sono seguaci di Gesù e basta».
NEL DIBATTITO si è centrata l’attenzione da un lato al pericolo fondamentalista, «a est di Vienna», dall’altro alla crisi del relativismo, «a ovest di Vienna», ritenuto non meno deleterio. Anche da Rebecchi, esponente del Pd, che ci ha visto una delle cause della decadenza europea, condividendo ad esempio il capitolo che lo scrittore dedica alla scarsa attenzione dei governi per la famiglia. Secondo Faustini il dibattito sulle radici cristiane dell’Europa, sui crocifissi nei luoghi pubblici, il silenzio sulle persecuzioni, la carenza di un progetto educativo cattolico generale sono segnali di una declino indotto dal relativismo contro cui combattere. Il consigliere ha ricordato la mozione presentata in Broletto sulle persecuzioni dei cristiani trasformata in condanna contro tutte le persecuzioni. «Oggi però comprendo che la vera sfida per noi non sono gli appoggi formali ma la lotta per i valori religiosi in Occidente».
Impegno ripreso da Mauro Parolini che, leggendo pur negli orrori «la positività di chi è disposto a dare la vita per ciò in cui crede», si è dato un compito di professione aperta. «Noi cristiani in politica, che non rischiamo certo quel sacrificio, abbiamo il dovere di riaffermare il nostro credo per dare un contributo originale e proprio al futuro della società». Al moderatore giornalista è rimasto perciò il dovere di stigmatizzare la stampa indifferente alle tragedie, di cui Mauro ha portato al pubblico alcuni terribili esempi, tragedie sentite lontane, isolate e non frutto di una strategia organizzata, senza assimilazione a quanto accaduto in tempi lontani e senza pensare che tutti, tutti, anche i cristiani del vecchio continente sono coinvolti. Né più né meno quello che pochissimi giorni fa aveva detto nella sua venuta a Brescia il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, «stateci vicini, difendere le nostre minoranze vuol dire porre le premesse per la pace, per la convivenza pacifica tra gli uomini».
MAURO ha continuato a ripetere che la sua continua denuncia punta a trasmettere la speranza che anima le comunità perseguitate. Tuttavia la sua cascata irrefrenabile di parole ha condannato il potere che in quegli Stati con la libertà religiosa uccide la libertà stessa e la democrazia, uccide la speranza di tutti. «Come ha sempre ribadito Giovanni Paolo II la libertà religiosa è la cartina di tornasole di tutte le libertà». Ma è soprattutto il cristianesimo a fare paura, secondo Mauro, perché dai tempi degli imperatori romani i potenti lo temono come destabilizzante. Oggi poi si aggiunge per i fondamentalisti arabi il teorema – cristiano uguale occidentale -, quindi ecco individuato il nemico da abbattere. «Invece i cristiani non sono legati a precise popolazioni, ideologie, luoghi geografici, sono seguaci di Gesù e basta».
NEL DIBATTITO si è centrata l’attenzione da un lato al pericolo fondamentalista, «a est di Vienna», dall’altro alla crisi del relativismo, «a ovest di Vienna», ritenuto non meno deleterio. Anche da Rebecchi, esponente del Pd, che ci ha visto una delle cause della decadenza europea, condividendo ad esempio il capitolo che lo scrittore dedica alla scarsa attenzione dei governi per la famiglia. Secondo Faustini il dibattito sulle radici cristiane dell’Europa, sui crocifissi nei luoghi pubblici, il silenzio sulle persecuzioni, la carenza di un progetto educativo cattolico generale sono segnali di una declino indotto dal relativismo contro cui combattere. Il consigliere ha ricordato la mozione presentata in Broletto sulle persecuzioni dei cristiani trasformata in condanna contro tutte le persecuzioni. «Oggi però comprendo che la vera sfida per noi non sono gli appoggi formali ma la lotta per i valori religiosi in Occidente».
Impegno ripreso da Mauro Parolini che, leggendo pur negli orrori «la positività di chi è disposto a dare la vita per ciò in cui crede», si è dato un compito di professione aperta. «Noi cristiani in politica, che non rischiamo certo quel sacrificio, abbiamo il dovere di riaffermare il nostro credo per dare un contributo originale e proprio al futuro della società». Al moderatore giornalista è rimasto perciò il dovere di stigmatizzare la stampa indifferente alle tragedie, di cui Mauro ha portato al pubblico alcuni terribili esempi, tragedie sentite lontane, isolate e non frutto di una strategia organizzata, senza assimilazione a quanto accaduto in tempi lontani e senza pensare che tutti, tutti, anche i cristiani del vecchio continente sono coinvolti. Né più né meno quello che pochissimi giorni fa aveva detto nella sua venuta a Brescia il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, «stateci vicini, difendere le nostre minoranze vuol dire porre le premesse per la pace, per la convivenza pacifica tra gli uomini».