Corriere della sera 18 aprile 2010
L a battuta migliore della mia vita l’ ho fatta una volta in palestra, a qualcuno che contestava le mie opinioni sulla squadra di baseball dei New York Yankees in confronto ai New York Mets: «Non cercare di prevalere su di me. Sono un professore, quindi ho sempre ragione!». Sfortunatamente, invece di prenderla sul ridere, il tizio mi tirò contro un asciugamano. Quando a uno studioso e intellettuale di successo è conferito lo status di infallibilità, ecco che cominciano i problemi. Uno studioso non ha bisogno che gli si dica che è infallibile. Già lo sa, ed è pagato per essere tale. La professione di ricercatore richiede integrità, razionalità e onestà intellettuale. Nei suoi primi cinque anni di papato, Ratzinger ha rivelato tutti questi tratti, insieme ad abbondante umiltà, generosità e amore. Tuttavia, il mondo ha bisogno di tempo per abituarsi a questo Papa-studioso, che affronta in modo diretto e senza esitazione i temi fondamentali e lascia cadere le inezie, quando possibile. I musulmani hanno compreso di che pasta fosse fatto questo Papa a Regensburg, quando, con un intervento molto profondo, Benedetto XVI ha messo in dubbio il contributo dell’ islam alla civilizzazione. Gli anglicani hanno capito di che pasta fosse fatto questo Papa quando egli, in uno slancio di onestà, ha invitato il clero anglicano a entrare a far parte della Chiesa. Gli ebrei hanno capito di che pasta fosse fatto questo Papa quando Benedetto XVI ha fatto ritorno a una liturgia che questionava il credo ebraico. In tutti e tre i casi, la frattura è stata ricomposta e hanno prevalso le posizioni più moderate: con l’ islam è stata fatta pace e con anglicani ed ebrei si è arrivati a una conciliazione. Ma il Papa-studioso non aveva fatto altro che esprimere la verità così com’ è sentita al cuore del cattolicesimo: l’ islam non può competere con il cristianesimo in quanto a levatura morale, gli anglicani saranno sempre i benvenuti e gli ebrei starebbero molto meglio all’ interno della Chiesa. Papa Benedetto parla come uno studioso e pronuncia verità cristiane così come le enunciava l’ infallibile vescovo di Roma. Uno studioso non potrebbe fare a meno di agire in questo modo. La questione che al momento turba la pace è il modo in cui, in passato, il cardinale Ratzinger liquidò il caso di un prete colpevole di aver abusato sessualmente di alcuni bambini. La carità cristiana suggeriva di perdonare quel prete, un’ anima penitente dilaniata e in fin di vita. Il cardinale Ratzinger gli risparmiò le umiliazioni che una giusta punizione avrebbe comportato. Il prete morì in seno alla Chiesa e Benedetto XVI mostrò il vero significato di pentimento e amore cristiano. Lo scorso gennaio, quando ho incontrato il Papa a Roma, gli ho domandato cosa intendesse fare quando, tra circa sei mesi, avrà completato il secondo volume del suo Gesù di Nazareth. Con un sorriso, mi ha risposto: «Nient’ altro. Questo è il mio ultimo libro. Ho altre faccende da sbrigare». Uno studioso che smette di scrivere libri non mantiene a lungo tale titolo. Benedetto XVI non ha dovuto aggiungere: «Dopo tutto, sono il Papa». Ma l’ accademico in me ha sussurrato: «A quale prezzo». Ciò che il mondo ha imparato in questi cinque anni riguardo al Papa-studioso è il prezzo che l’ accademia paga per sostenere la verità e mantenere la propria integrità. L’ infallibilità ha i suoi costi. La gente preferisce politici capaci di mediare piuttosto che personaggi critici e inclini alle controversie. Questo è ciò che ci insegnano i papi-studiosi in generale. Ma ciò che io ho appreso da questo Papa-studioso in particolare è qualcosa di più. La genuina integrità di quest’ uomo e la sua capacità di esporre la verità all’ umanità intera muovono interessi molto forti. E per questo anche i musulmani, gli anglicani e gli ebrei devono prepararsi a un dibattito di alto profilo sulla ragione e la razionalità condivisa e trovare un punto d’ incontro sui conflitti che cercano di stabilire chi è dalla parte giusta e chi da quella sbagliata e che cosa ci prescrivono le Sacre Scritture e la tradizione