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Bresciaoggi 5 marzo 2011
 
Un abruzzese che ama Brescia, un ragazzo educato dal padre comunista, da Leopardi, Dostoevskij, don Giussani; un giovane che ha conosciuto la disperazione ma ha imparato a vedere positivo e a reagire; un uomo di potere che afferma «l’uomo è fatto per mendicare». Non sono contraddizioni, sono le facce dell’uomo Graziano Tarantini, colui che compare sulle copertine dei settimanali nazionali come «il banchiere di Dio», che nella galassia di Cl ha posizioni di rilievo, ma ieri ha ribadito che denaro e potere non sono le bussole della sua vita, e ha detto apertamente che all’interno di A2A lui non ha portato cordate o promosso amici. 
QUESTE DIVERSE sfaccettature sono emerse ieri durante la presentazione del suo libro «Cercando la libertà», edito dalla Compagnia della Stampa, che ha affollato l’auditorium della Camera di commercio di un pubblico pure quello a due dimensioni: tanti giovani e tante personalità che contano. Brescia è adusa alla fatica di conciliare fede e consigli di amministrazione, forza economica e attenzione al sociale. Un altro personaggio si offre a questa ardua impresa. Ma lui, controcorrente, non si nasconde e si racconta in un libro, sorta di diario intellettuale fatto di articoli già pubblicati a cui si aggiunge uno spaccato di vita, dalle origini a Pizzoferrato fino a Brescia. Alle comuni origini popolari e montanare ha fatto riferimento il camuno Ugo Calzoni, uno dei relatori coordinati da Massimo Tedeschi di Bresciaoggi, così come Aldo Rebecchi ha paragonato l’orgoglio delle genti abruzzesi a quelle delle nostre vallate. La presenza e la stima di Rebecchi, esponente politico di sinistra, sono divenute testimonianza di quella che è stata definita da Tedeschi la «trasversalità» di Tarantini e da Rebecchi la «semplicità interclassista di Tarantini, uomo senza pregiudizi». 
Ugo Calzoni, matrice socialista e nome del mondo economico, ha lodato il suo sapersi fare strada con pazienza, senza farsi intimorire dalle porte chiuse come quelle della Camera di commercio o dell’Aib, la capacità di realizzazione di una la rete di imprese come la Compagnia delle Opere, l’attenzione all’educazione formativa, «mentre i laici stanno a guardare». Calzoni ha ipotizzato scenari politici: «Prima con Corsini, poi con Paroli, domani con chi? Probabilmente con Del Bono». Che, guarda caso, sarà il prossimo autore della stessa collana editoriale. 
E TARANTINI, perché non direttamente in campo? Glielo ha suggerito Tonino Zana, giornalista del Giornale di Brescia: «È l’ora della sfida davanti a tutti. Deve abbandonare le sue truppe e parlare alla comunità, trovare il coraggio di andare in lista». Tutti hanno avuto una richiesta da fare al protagonista della serata. Rebecchi gli ha ricordato la sua responsabilità in A2A, dopo che lo stesso Tarantini aveva a suo tempo insistito sull’importanza del radicamento nel territorio, del miglioramento del servizio, della diminuzione delle tariffe. E la rivendicazione di bollette meno salate è stata tirata fuori pure da Calzoni, «se non altro in nome della dottrina sociale della Chiesa». 
Ma da lui è venuta un’ulteriore domanda. «Perché non ridare onore alla memoria di Francesco Perlasca, grande banchiere cattolico che fu vittima del patto spartitorio fra le due banche cittadine?». 
Un altro grande ancora va omaggiato, secondo Adriano Paroli, sindaco di Brescia. «Non basta mettere il busto di Tovini in Loggia – ha detto – il suo insegnamento ci deve accompagnare nel lavoro che facciamo ogni giorno». Paroli è riandato alla più che ventennale amicizia che lo lega a Graziano Tarantini, descrivendone l’«immutata forza di reazione di fronte alla realtà». In parte innata, in parte frutto dell’influenza di don Giussani. «Il libro non è un insieme di pensieri su qualche tema, è bisogno di condividere, è anch’esso un dovere di azione sul reale. Per Graziano l’uomo è fatto per interagire con la realtà». 
Il sindaco ha accettato le critiche dell’amico alle «grandi mostre»: «Brescia non è diventata città di cultura per le grandi mostre, è città di cultura perché lo era anche prima».
Alla fine Tarantini ha descritto la sua esistenza come un viaggio. Il suo è stato un viaggio alla ricerca continua di verità. «Detesto la parola etica, quando diventa un assunto che serve per fare violenza agli altri; a noi occorre solo la misericordia di qualcuno». Poche parole per i detrattori: «Chi vede negli altri solo il male riflette se stesso». Intanto quella strada è partita dai monti abruzzesi, dalla militanza comunista del padre muratore, dal circolo mazziniano all’università, per arrivare a Brescia e a tutti i ruoli che oggi si sommano nella sua persona, in A2A, Banca popolare di Milano, Cariplo, Fondazione S. Benedetto. «Brescia mi ha dato tantissimo, la amo molto, amatela anche voi, amate la Domus, l’Ospedale civile, tutte le eccellenze che avete».