«Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto», dice il salmista. Penso che fino a quando un uomo non arriva a esprimere questo grido, un uomo non è ancora fino in fondo situato nella sua maturità. Questo vale per il singolo ma vale anche per la famiglia umana, per la società. Ecco perché bisogna leggere questa crisi in una dimensione più larga. Che non è solo riferita agli elementi di travaglio macroscopici di cui parliamo spesso quando tocchiamo problemi come le biotecnologie, il meticciato di cultura e via discorrendo. Ma è proprio anche riferita alle modalità con cui il noi della Chiesa e il noi della famiglia umana reggono, correggono, sorreggono una libertà che deve accettare questa sfida. La sfida della contingenza. La sfida che dalla morte devi passare.
Allora, di questanno appena trascorso, vengono in mente figure come il ministro pakistano Shahbaz Bhatti o il missionario del Pime Fausto Tentorio, che hanno dato la vita come lhanno data. Ma viene in mente anche la modalità con cui una madre o un padre accompagnano un figlio nella prova estrema, con cui una moglie perdona al marito (o viceversa) dentro un tradimento Insomma sono queste le cose, le cose quotidiane, quelle in cui la memoria si ridesta. Non si ridesta né per un meccanismo, né per una pratica ingegnosa, né per delle tecniche o per degli apprendimenti strumentali. La memoria si ridesta per una vita che vince la morte a tutti i suoi livelli.