Santità, nel messaggio per il recente congresso dei santuari che si svolgeva proprio a Santiago di Compostela, lei ha detto di vivere il suo pontificato con i sentimenti del pellegrino. Anche nel suo stemma cè la conchiglia del pellegrino. Vuole dirci qualcosa sulla prospettiva del pellegrinaggio, anche nella sua vita personale e nella sua spiritualità, e sui sentimenti con cui si reca come pellegrino a Santiago?
«Buongiorno! Potrei dire che lessere in cammino è già iscritto nella mia biografia. Ma questa forse è una cosa esteriore, tuttavia mi ha fatto pensare allinstabilità di questa vita, allessere in cammino. Del pellegrinaggio uno potrebbe dire: Dio è dappertutto, non cè bisogno di andare in un altro luogo, ma è anche vero che la fede secondo la sua essenza è un essere pellegrino.
La Lettera agli ebrei dimostra che cosa vede nella figura di Abramo che esce nella sua terra e rimane un pellegrino verso il futuro per tutta la vita, e questo movimento abramico rimane nellatto della fede, è un essere pellegrino soprattutto interiormente, ma deve anche esprimersi esteriormente. Qualche volta, uscire dalla quotidianità, dal mondo dellutile, dellutilitarismo, uscire solo per essere veramente in cammino verso la trascendenza, trascendere se stesso e la quotidianità e così trovare anche una nuova libertà, un tempo di ripensamento interiore, di identificazione di se stesso, di vedere laltro, Dio, e così è anche il pellegrinaggio sempre: non solo un uscire da se stesso verso il più grande ma anche un andare insieme. Il pellegrinaggio riunisce, andiamo insieme verso laltro e così ci troviamo reciprocamente. Basta dire che i cammini di san Giacomo sono un elemento nella formazione dellunità spirituale del Continente europeo, qui peregrinando si sono trovati, hanno trovato lidentità comune europea, e anche oggi rinasce questo movimento, questi sogno di essere in movimento spiritualmente e fisicamente, di trovarsi lun laltro e di trovare così silenzio, libertà, rinnovamento, e di trovare Dio.
Grazie, Santità, adesso spostiamo lo sguardo verso Barcellona. Quale significato può avere la consacrazione di un tempio come la Sagrada Familia allinizio del secolo XXI? E cè qualche aspetto specifico della visione di Gaudì che lha colpita in particolare?
«In realtà questa cattedrale è un anche segno proprio per il nostro tempo. Trovo nella visione di Gaudì tre elementi soprattutto. Il primo, questa sintesi tra continuità e novità, tradizione e creatività. Gaudì ha avuto questo coraggio di inserirsi nella grande tradizione delle cattedrali, di osare nel suo secolo, con una visione totalmente nuova, di nuovo questa realtà cattedrale luogo dellincontro tra Dio e luomo in una grande solennità, e questo coraggio di stare nella tradizione ma di un creatività nuova che rinnova la tradizione e dimostra così lunità e il progresso della storia, è una cosa bella. Secondo, Gaudì voleva questo trinomio: libro della natura, libro della Scrittura, libro della liturgia. E questa sintesi è proprio oggi di grande importanza. Nella liturgia, la Scrittura diventa presente, diventa realtà oggi, non è più una Scrittura di duemila anni fa ma va celebrata, realizzata. E nella celebrazione della Scrittura parla la creazione, trova il creato e trova la sua vera risposta, perché come ci dice San Paolo, la creatura soffre, e invece di essere distrutta, disprezzata, aspetta i figli di Dio, cioè quelli che la vedono nella luce di Dio. E così questa sintesi tra senso del creato, scrittura e adorazione è proprio un messaggio molto importante per loggi. E finalmente, terzo punto, è nata questa cattedrale da una devozione tipica dellOttocento: San Giuseppe, la Sacra Famiglia di Nazareth, il mistero di Nazareth, ma proprio questa devozione di ieri, si potrebbe dire, è di grandissima attualità perché il problema della famiglia, del rinnovamento della famiglia come cellula fondamentale della società è il grande tema di oggi e ci indica dove possiamo andare sia nella costruzione della società sia nella unità tra fede e vita, tra religione e società. Famiglia è il tema fondamentale che si esprime qui, dicendo che Dio stesso si è fatto figlio nella famiglia e ci chiama a costruire e vivere la famiglia».
E continuando su questa linea, Gaudì e la Sagrada Familia rappresentano, come lei ha detto, il binomio fede e arte. Come può la fede ritrovare oggi il suo posto nel mondo dellarte e della cultura? E questo uno dei temi importanti del suo pontificato?
«E così. Voi sapete che io insisto molto sulla relazione tra fede e ragione, che la fede, e la fede cristiana, ha la sua identità solo nellapertura alla ragione, e che la ragione diventa se stessa se si trascende verso la fede. Ma ugualmente importante è la relazione tra fede e arte, perché la verità, scopo e vita della ragione, si esprime nella bellezza e diventa se stessa nella bellezza, si trova come verità. E quindi dove cè la verità deve nascere la bellezza, dove lessere umano si realizza in modo corretto, buono, si esprime nella bellezza. La relazione tra verità e bellezza è inscindibile e perciò abbiamo bisogno della bellezza. Nella Chiesa, dallinizio, anche nella grande modestia e povertà del tempo delle persecuzioni, larte, la pittura, lesprimersi della salvezza di Dio nelle immagini del mondo, il canto, e poi anche ledificio, tutto questo è costitutivo per la Chiesa e rimane costitutivo per sempre. Così la Chiesa era madre delle arti per secoli e secoli, il grande tesoro dellarte, musica architettura pittura, è nato dalla fede nella Chiesa. Oggi cè un certo dissenso, ma questo fa male sia allarte sia alla fede: larte che perdesse la radice della trascendenza, non andrebbe più verso Dio, sarebbe unarte dimezzata, perderebbe la radice viva; e una fede che avesse larte solo nel passato, non sarebbe più fede nel presente, ed è oggi che si deve esprimere di nuovo come verità che è sempre presente. Perciò il dialogo o lincontro, direi, tra arte fede è inscritto nella più profonda essenza della fede, dobbiamo fare di tutto perché anche oggi la fede si esprima in autentica arte, come Gaudì nella continuità e della novità, e perché larte non perda il contatto con la fede».
In questi mesi si sta avviando il nuovo dicastero per la nuova evangelizzazione. E molti si sono domandati se proprio la Spagna, con gli sviluppi della secolarizzazione e della diminuzione rapida della pratica religiosa, sia uno dei Paesi a cui lei ha pensato come obiettivo per questo nuovo dicastero, o addirittura se non ne sia lobiettivo principale «Con questo dicastero ho pensato di per sé al mondo intero perché la novità del pensiero, la difficoltà di pensare nei concetti della Scrittura, della teologia, è universale, ma cè naturalmente un centro e questo è il mondo occidentale con il suo secolarismo, la sua laicità, e la continuità della fede che deve cercare di rinnovarsi per essere fede oggi e per rispondere alla sfida della laicità. NellOccidente tutti i grandi Paesi hanno il loro proprio modo di vivere questo problema: abbiamo avuto ad esempio i viaggi in Francia, nella Repubblica Ceca, nel Regno Unito, dove dappertutto è presente in modo specifico per questa nazione, per questa storia, lo stesso problema, e questo vale anche in modo forte per la Spagna. La Spagna era sempre da una parte un Paese originario della fede, pensiamo che la rinascita del cattolicesimo nellepoca moderna avviene soprattutto grazie alla Spagna, figure come SantIgnazio di Loyola, Santa Teresa e San Giovanni dAvila, sono figure che hanno finalmente rinnovato il cattolicesimo e formato la fisionomia del cattolicesimo moderno. Ma è ugualmente vero che in Spagna è nata anche una laicità, un anticlericalismo, un secolarismo forte e aggressivo come abbiamo visto proprio negli anni Trenta, e questa disputa, più questo scontro tra fede e modernità, ambedue molto vivaci, si realizza anche oggi di nuovo in Spagna: perciò per il futuro della fede e dellincontro non lo scontro!- ma incontro tra fede e laicità, ha un punto centrale anche proprio nella cultura spagnola. In questo senso ho pensato a tutti i grandi Paesi dellOccidente ma soprattutto anche alla Spagna».
Con il viaggio a Madrid dellanno prossimo per la giornata mondiale della gioventù, lei avrà fatto tre viaggi in Spagna, cosa che non avviene per nessun altro Paese. Come mai questo privilegio? E un segno di amore o di particolare preoccupazione?
«Naturalmente è un segno di amore. Si potrebbe dire che è per caso che vengo tre volte in Spagna. La prima, il grande incontro internazionale delle famiglie, a Valencia: come il Papa potrebbe essere assente, se le famiglie del mondo si incontrano? Il prossimo anno la Gmg, lincontro della gioventù del mondo a Madrid, e il Papa non può essere assente in questa occasione. E finalmente abbiamo lanno santo di San Giacomo, abbiamo la consacrazione dopo più di cento anni di lavoro della cattedrale della Sagrada Familia di Barcellona, come potrebbe non venire il Papa? Di per sé quindi le occasioni sono le sfide, quasi una necessità di andarci, ma proprio il fatto che proprio in Spagna si concentrino tante occasioni, mostra anche che è realmente un Paese pieno di dinamismo, pieno di forza della fede, e la fede risponde alle sfide che sonon ugualmente presenti in Spagna: perciò diciamo il caso ha fatto sì che venga, ma questo caso dimostra una realtà più profonda, la forza della fede e la forza della sfida per la fede».
Grazie Santità. E ora se vuole dire qualche altra cosa per concludere questo nostro incontro, cè qualche messaggio particolare che lei spera di dare alla Spagna e al mondo di oggi con questo viaggio?
«Io direi che questo viaggio ha due temi. Ha il tema del pellegrinaggio, dellessere in cammino, e ha il tema della bellezza, della espressione della verità nella bellezza, della continuità tra tradizione e rinnovamento. Io penso che questi due temi del viaggio siano anche un messaggio: essere in cammino, non perdere il cammino della fede, cercare la bellezza della fede, la novità e la tradizione della fede che sa esprimersi e sa incontrarsi con la bellezza moderna, con il mondo di oggi. Grazie».
Gian Guido Vecchi